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Il lato nascosto del ghost hunting: Poppi


Ero poco più che adolescente la prima volta che visitai la terra del Casentino, il santuario francescano di La Verna era la mia meta. Un posto spiritualmente indescrivibile per chi crede ed incredibilmente interessante anche per chi non segue alcun tipo di religione. Lungo la strada la mia attenzione si era posata su una torre che,in lontananza, da sopra una collina sembrava vegliare sulla serena pigrizia della verdeggiante vallata che si apriva sotto di lei.

Il GIAP ed il ghost hunting non erano neanche lontanamente nei miei pensieri, anche se lo studio sui fenomeni paranormali giá era diventato un hobby molto importante nella mia vita.

Passano gli anni, finisco la scuola, inizio a lavorare, poi la famiglia e la ricerca sul paranormale diventa una passione, fondo il mio gruppo, cominciano le indagini e la ricerca di luoghi interessanti oltre alle abitazioni private. Perlustro internet in lungo e in largo alla ricerca di luoghi interessanti e, presumibilmente infestati. Le risorse economiche sono poche e concentro la mia ricerca in luoghi del centro Italia.

Di luoghi ce ne sono innumerevoli e di leggende altrettante, sfoglio alcuni siti come fossero un elenco telefonico: racconti, esperienze, foto; ne visiono decine e decine alcune mi lasciano incuriosito altre puzzano maledettamente di invenzioni turistiche, inventate o comunque gonfiate ad arte per attirare un pò di attenzione su luoghi dimenticati. D'improvviso mi blocco: la leggenda é interessante, i riferimenti storici sembrano darle una sua veridicitá, ma quello che mi ha inchiodato davanti al monitor é lei: riconosco quella torre, quella strada, quel ricordo un pò sbiadito ma mai svanito totalmente ha finalmente un nome: Poppi, Castello dei Conti Guidi.

Invio una richiesta alla cooperativa che gestisce il castello, le speranze non sono molte ed invece dopo una serie di mail ed un sopralluogo riusciamo ad ottenere dal sindaco la liberatoria per svolgere l'indagine, ancora ricordo il messaggio che inviai ai ragazzi dopo aver ricevuto la mail di conferma: il G.I.A.P. ha il suo primo castello.

Ci accordiamo per raggiungere Poppi nella mattinata di una domenica di Marzo, nel pomeriggio saremo a disposizione dei visitatori del castello per dimostrare come si svolge un'indagine e per spiegare l'attrezzatura che si utilizza nel ghost hunting, la cosa non mi preoccupa, anzi la prendiamo abbastanza a cuor leggero: il G.I.A.P. esiste da nemmeno di 10 mesi, chi vuoi che verrá ad ascoltare un gruppo di sconosciuti che dichiarano di cercare fantasmi?

Allestiamo l'attrezzatura in una sala messaci a disposizione dal comune di Poppi ed insieme a Caterina e le altre ragazze della cooperativa Buonconte scarl, decidiamo di aprire al pubblico verso le 14.00. Andiamo a pranzo in un ristorante ubicato di fronte al castello, tra una portata ed una chiacchiera si fanno le 14.15, Armando ci richiama all'ordine ricordandoci che l'apertura al pubblico era giá iniziata da quindici minuti, lo prendiamo quasi in giro, paghiamo il conto e ci avviamo con calma verso il castello: l'indagine sará interessante stanotte ma il pomeriggio sará fin troppo tranquillo.

Mi squilla il telefono, Caterina mi avverte che c'é della gente ad aspettarci, allunghiamo il passo, saliamo le scale per raggiungere la sala riservataci e troviamo una decina di persone intente ad osservare la nostra attrezzatura. Li saluto, gli chiedo se hanno delle domande in particolare e comincia una serena chiacchierata sul paranormale in generale. Passano i minuti, mi trovo a descrivere sempre più approfonditamente ciò che facciamo durante le nostre indagini, ma quello che era nato come un gioco sta diventando qualcosa di importante: continua ad entrare gente, la stanza quasi non ce la fa a contenere gli ospiti, il mio parlare si fa più titubante, la gola si secca per un istante, ma in fondo devo solo raccontare chi siamo, non c'é nulla da temere, tutto fila liscio e, dopo ulteriori domande, Paolo insieme a Simone ed Andrea accompagnano gli ospiti a visitare il castello.

Tiro un sospiro di sollievo, l'impatto é stato forte e mi sento ancora un pò smarrito ma fortunatamente la mia timidezza si é fatta da parte al momento giusto, Armando e Giuseppe si complimentano con me per come me la sono cavata ed insieme ci rendiamo conto che forse allora qualcuno interessato al paranormale c'é, e questo tabù imposto da scienza e religione non é poi così difficile da abbattere. Sono felice, il peggio é passato, mi intervista una televisione del posto, finisco ed avviso gli altri che esco un attimo a fumare una sigaretta per rilassarmi un pò.

Sono seduto sul muretto di quello che, un tempo forse, era stato una sorta di ponte levatoio del castello. Si avvicinano a me una coppia di ragazzi, mi salutano e lei mi chiede se può parlarmi qualche minuto per pormi un paio di domande che poco prima davanti a tutte quelle persone si era vergognata di fare. Accolgo con estrema gioia la loro richiesta, ormai mi sento pronto a rispondere a qualsiasi domanda, mi sono convinto di saperla lunga e, di solito, é proprio in questi momenti che incorri nelle figure più misere della tua esistenza ed infatti, puntualmente, la mia sicurezza si sgretola quando la ragazza, in piedi di fronte a me, mi guarda fisso negli occhi e mi dice: "Mia sorella più piccola é morta qualche tempo fa a causa di una malattia, ed io ed i miei cari avvertivamo la sua presenza in casa giornalmente, non solo sensazioni ma vere e proprie dimostrazioni della sua presenza". Resto basito, cerco di capire chi ho di fronte: di pazzi in questo settore ne incontri tanti, ma stavolta é diverso, c'é qualcosa che mi impone rispetto verso quella ragazza, rielaboro in me le sue parole e scopro quel verbo al passato, quell' "avvertivamo la sua presenza" pronunciato con un filo di voce, quasi bisbigliato, con un tono molto più basso a confronto del resto della frase, quasi a mal celare un senso di vergogna, di biasimo, forse é ciò che mi ha fatto pensare ad un racconto veritiero; gli chiedo il perché di quel verbo al passato e dalla sua risposta capisco cosa voleva chiedermi lontano dal resto delle persone: “dico avvertivamo perché io ho cominciato ad avere paura di queste manifestazioni e dopo un pò queste sono svanite così come erano iniziate, ora io vorrei sapere se é per colpa mia e della mia sciocca paura che mia sorella non si fa più sentire.

Quelle prime cinquanta persone davanti a me, che mi ascoltavano e facevano domande d'improvviso erano divenute una passeggiata, cosa dovevo rispondere? Io avevo ed ho una teoria ben precisa su ciò che la ragazza mi stava chiedendo ma era la risposta corretta? Chi ero io per imporre una mia convinzione ad una ragazza giá colpita duramente dal destino? Scelsi di continuare a chiacchierare con lei ed insieme raggiungemmo una convinzione comune che credo e spero la rassicuró. In realtá il bisogno di quella ragazza era parlare di quell'evento e del suo senso di colpa ad avere paura, ma la risposta alla sua domanda era dentro di lei e le bastava solo un pò di serenitá per riuscire a trovarla.

Porto ancora con me questo episodio, quello sguardo di quella ragazza, quei venti minuti di conversazione; mi insegnò più quell'unica domanda che tutte le altre messe insieme. Il ruolo del ghost hunter é quello di ascoltare le domande che le persone si tengono dentro di se per paura di essere etichettate come pazze, e deve essere bravo a non porsi di fronte le mille barriere che la logica umana ci impone.

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